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il sesso visto dalle penne...

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La Netiquette

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La Netiquette, parola derivata dalla sincrasi del vocabolo inglese net (rete) e quello di lingua francese étiquette (buona educazione), è un insieme di regole che disciplinano il comportamento di un utente di Internet nel rapportarsi agli altri utenti attraverso risorse quali newsgroup, mailing list, forum, blog o e-mail in genere.
Il rispetto della netiquette non è imposto da alcuna legge, ma si fonda su una convenzione ormai di generale condivisione. Sotto un aspetto giuridico, la netiquette è spesso richiamata nei contratti di fornitura di servizi di accesso da parte dei provider.
Il mancato rispetto della netiquette comporta una generale disapprovazione da parte degli altri utenti della Rete, solitamente seguita da un isolamento del soggetto "maleducato" e talvolta dalla richiesta di sospensione di alcuni servizi utilizzati per compiere atti contrari ad essa (di solito l'e-mail e usenet).
Sono comportamenti contrari alla netiquette, e talvolta sanzionati dagli abuse desk: inviare spam, effettuare mailbombing e l'eccessivo cross-posting e/o multiposting sui newsgroup di Usenet. Anche l'invio di e-mail senza un oggetto è una cosa poco rispettosa nei confronti del destinatario: molti ricevono per lavoro decine o anche centinaia di e-mail al giorno, se tutte queste non avessero un oggetto sarebbe quasi impossibile definire una priorità con la quale leggerle, questo ovviamente con notevole disagio per chi dovesse ricevere i messaggi senza oggetto.
Particolarmente scorretto è anche l'invio o l'inoltro di e-mail a un gran numero di persone (per esempio a tutto il proprio indirizzario) inserendone gli indirizzi nel campo "To:" (in italiano "A:"). In questo modo tutti gli indirizzi (che sono spesso privati) sono mostrati apertamente a tutti i destinatari, con una implicita violazione della privacy. Non solo, ma se un computer fra quelli dei destinatari è infettato da virus che utilizzano la posta elettronica per diffondersi, tutti gli indirizzi inseriti nel messaggio possono essere catturati dal virus e usati come destinatari di messaggi infettati.


Eegole e principi della netiquette 

Quella che segue è la netiquette approvata dalla Registration Authority Italiana.
Etica e norme di buon uso dei servizi di rete:
Fra gli utenti dei servizi telematici di rete, prima fra tutte la rete Internet, ed in particolare fra i lettori dei servizi di "news" Usenet, si sono sviluppati nel corso del tempo una serie di "tradizioni" e di "principi di buon comportamento" (galateo) che vanno collettivamente sotto il nome di "netiquette". Tenendo ben a mente che la entità che fornisce l'accesso ai servizi di rete (provider, istituzione pubblica, datore di lavoro, etc.) può regolamentare in modo ancora più preciso i doveri dei propri utenti, riportiamo in questo documento un breve sunto dei principi fondamentali della "netiquette", a cui tutti sono tenuti ad adeguarsi.
  1. Quando si arriva in un nuovo newsgroup, forum o in una nuova lista di distribuzione via posta elettronica (mailing list), è bene leggere i messaggi che vi circolano per almeno due settimane prima di inviare propri messaggi in giro per il mondo: in tale modo ci si rende conto dell'argomento e del metodo con cui lo si tratta in tale comunità.
  2. Leggere sempre le FAQ (Frequently Asked Questions) relative all'argomento trattato prima di inviare nuove domande.
  3. Se si manda un messaggio, è bene che esso sia sintetico e descriva in modo chiaro e diretto il problema.
  4. Non usare i caratteri tutti in maiuscolo nel titolo o nel testo dei tuoi messaggi, nella rete questo comportamento equivale ad "urlare" ed è altamente disdicevole.
  5. Non divagare rispetto all'argomento del newsgroup o della lista di distribuzione; anche se talvolta questo comportamento è accettato o almeno tollerato aggiungendo il tag [OT] (cioè Off Topic che significa "fuori argomento") nell'oggetto del proprio messaggio.
  6. Se si risponde ad un messaggio, evidenziare i passaggi rilevanti del messaggio originario, allo scopo di facilitare la comprensione da parte di coloro che non lo hanno letto, ma non riportare mai sistematicamente l'intero messaggio originale. Fare questo, in gergo, si dice Quotare.
  7. Non condurre "guerre di opinione" sulla rete a colpi di messaggi e contromessaggi: se ci sono diatribe personali, è meglio risolverle via posta elettronica in corrispondenza privata tra gli interessati.
  8. Non pubblicare messaggi stupidi o che semplicemente prendono le parti dell'uno o dell'altro fra i contendenti in una discussione.
  9. Non pubblicare mai, senza l'esplicito permesso dell'autore, il contenuto di messaggi di posta elettronica o privati.
  10. Non iscriversi allo stesso gruppo con più nicknames e/o profili (morphing): in molti gruppi è considerato un comportamento riprovevole in quanto genera il sospetto che si tenti di ingannare gli altri utenti sulla propria vera identità.
  11. Non inviare tramite posta elettronica messaggi pubblicitari o comunicazioni che non siano stati sollecitati in modo esplicito.
  12. Non essere intolleranti con chi commette errori sintattici o grammaticali. Chi scrive è comunque tenuto a migliorare il proprio linguaggio in modo da risultare comprensibile alla collettività.
Alle regole precedenti, vanno aggiunti altri criteri che derivano direttamente dal buon senso:
  • La rete è utilizzata come strumento di lavoro da molti degli utenti. Nessuno di costoro ha tempo per leggere messaggi inutili o frivoli o di carattere personale, e dunque non di interesse generale.
  • Qualunque attività che appesantisca il traffico sulla rete, quale per esempio il trasferimento di archivi voluminosi, deteriora il rendimento complessivo della rete. Si raccomanda pertanto di effettuare queste operazioni in orari diversi da quelli di massima operatività (per esempio di notte), tenendo presenti le eventuali differenze di fuso orario.
  • Vi sono sulla rete una serie di siti server (file server) che contengono in copia aggiornata documentazione, software ed altri oggetti disponibili sulla rete. Informatevi preventivamente su quale sia il nodo server più accessibile per voi. Se un file è disponibile su di esso o localmente, non vi è alcuna ragione per prenderlo dalla rete, impegnando inutilmente la linea e impiegando un tempo sicuramente maggiore per il trasferimento.
  • Il software reperibile sulla rete può essere coperto da brevetti e/o vincoli di utilizzo di varia natura. Leggere sempre attentamente la documentazione di accompagnamento prima di utilizzarlo, modificarlo o redistribuirlo in qualunque modo e sotto qualunque forma.
Ovviamente, sono da evitare assolutamente i seguenti comportamenti (che spesso, oltre a violare la netiquette sono anche reati):
  • Violare la sicurezza di archivi e computer della rete;
  • Violare la privacy di altri utenti della rete, leggendo o intercettando la posta elettronica loro destinata;
  • Compromettere il funzionamento della rete e degli apparecchi che la costituiscono con programmi (virus, trojan horses, ecc.) costruiti appositamente; costituiscono dei veri e propri
La  regola d'oro dell'e-mail: non inviare ad altri ciò che troveresti tu stesso sgradevole ricevere.
  1. Non usare l'e-mail per alcun proposito illegale o non etico.
  2. Non diffondere né spam né messaggi appartenenti a catene di S. Antonio.
  3. Includi sempre l'argomento del messaggio in modo chiaro e specifico.
  4. Cerca di rispondere alle e-mail mantenendo sempre lo stesso Topic (argomento) per conservare una struttura storica ordinata dei messaggi inviati e ricevuti, "agganciandoli" uno dopo l'altro, evitando possibilmente di spedire un nuovo messaggio per un argomento già in corso di discussione.
  5. Alla fine del messaggio firma sempre col tuo nome.
  6. Mantieni la privacy degli eventuali mittenti/destinatari, cancellando dal testo l'eventuale indirizzo di posta elettronica del mittente (se inoltri una e-mail ed il destinatario non conosce il mittente originale) ed utilizzando la casella Bcc (o Ccn) se devi inviare lo stesso messaggio a più destinatari che non si conoscono tra loro.
  7. Fai molta attenzione all’ortografia e alla grammatica del tuo messaggio.
  8. Non insultare e non fare uso indiscriminato di lettere maiuscole (esse, infatti, corrispondono al tono di voce alto del parlato, e dunque denotano nervosismo o cattiveria).
  9. Rifletti bene su come il destinatario possa reagire al tuo messaggio: valuta se può essere realmente interessato al contenuto e utilizza eventualmente le emoticon per indicare il tono della conversazione (se è diverso da quello che potrebbe far pensare la semplice lettura del testo).
  10. La dimensione del messaggio da inviare non deve essere troppo grande: in genere la sua dimensione dovrebbe rimanere al di sotto di 50-100 kB (al posto di contenuti di grandi dimensioni - immagini, documenti, ... - si possono inserire nel testo del messaggio dei link a tali risorse reperibili in altro modo, ad esempio via FTP o HTTP).
  11. Non inviare messaggi privati da postazioni dalle quali possono essere letti da altri.
  12. Cita il testo a cui rispondi il più brevemente possibile, ma in modo che risulti comunque chiaro ciò a cui ti riferisci nella risposta.
  13. Non richiedere indiscriminatamente per qualsiasi messaggio la ricevuta di ritorno da parte del destinatario.

Consigli per i social network [modifica]

Dal 2000 in poi si sono diffusi sempre di più i Social network, ovvero le reti sociali che in modo più o meno specifico, a seconda degli obiettivi e delle tipologie di network, creano delle strutture di socializzazione online. Il più esteso attualmente a livello mondiale è Facebook[senza fonte], fondato nel 2004 da alcuni studenti di Harvard.
Nati per comunicare e per scambiarsi opinioni e dati, i social network includono strumenti vecchi e nuovi che assolvono a questo scopo. In linea generale valgono tutte le indicazioni appena definite relative al comportamento in rete e nelle e-mail. Alcune peculiarità dei social network, tuttavia, possono richiedere qualche indicazione aggiuntiva:
  • Come impostazione generalmente predefinita ciò che si scrive sul profilo o sulla bacheca di un utente rimane visibile a tutti gli amici di quell'utente. Fare attenzione, dunque, a non confondersi con lo strumento di messaggistica privata, che quasi sempre questi strumenti offrono.
  • Non rispondere maleducatamente (o peggio generare flame) nello spazio pubblico di una persona o nel proprio. Oltre a diminuire il livello della discussione generale, comporta anche un risultato spesso offensivo o poco chiaro per chi legge ora o successivamente.
  • Mantenere un comportamento rispettoso della privacy evitando di includere negli spazi pubblici di un profilo riferimenti a terze persone che non possono intervenire (perché magari non abilitate, o non amiche della persona).
  • Non iscriversi allo stesso gruppo con più nicknames e/o profili (in gergo: morphing): in molti gruppi è considerato un comportamento riprovevole in quanto spesso genera il sospetto che si tenti di ingannare gli altri utenti sulla propria vera identità.
  • Applicare allo strumento posta, messaggi (o altri con denominazione simile ma identico funzionamento), le indicazioni viste per l'e-mail. Anche se possono sembrare simili a chat, queste applicazioni sono in realtà identiche alla posta privata, e quindi valgono per esse le indicazioni sull'uso delle emoticon, sul modo di risultare offensivi, etc.
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  • Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

     

Se la scienza boccia il proibizionismo

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Se la scienza boccia il proibizionismo

LA BECKLEY FOUNDATION PRESENTA UNO STUDIO DI VALUTAZIONE DELLE POLITICHE INTERNAZIONALI DELLA CANNABIS
Fonte: Fuoriluogo, di Grazia Zuffa 26/10/2008
Agli inizi di ottobre, è stato presentato a Londra nella prestigiosa sede della Camera dei Lord il rapporto sulla canapa della Beckley Foundation, redatto da una Commissione speciale composta da esperti internazionali al più alto livello. La mission della Beckley Foundation è gettare un ponte fra la ricerca e coloro che devono prendere le decisioni politiche, offrendo materiali e spunti di riflessione sostenuti da evidenze scientifiche: il rapporto sulla canapa si propone di operare una valutazione sull’efficacia delle politiche globali di proibizione. Sulla base dei dati e delle evidenze raccolte dagli studiosi della Commissione speciale, il responso sulle attuali politiche è netto: non ci sono evidenze a supporto delle attuali politiche, mentre molte sono le conseguenze negative. Non c’è prova che lo strumento penale serva a contenere i consumi, mentre chiaramente «provoca danno alle tante persone che vengono arrestate, e spesso la repressione è applicata ingiustamente a sfavore dei giovani e delle minoranze etniche». Da qui la raccomandazione: passare dalla proibizione ad un sistema di controllo e di regolazione legali, seguendo l’obiettivo di minimizzare i danni per la salute e dunque prevenendo i comportamenti più rischiosi (l’uso intensivo quotidiano, l’uso in età precoce, la guida in stato di intossicazione). ?È il rilancio della legalizzazione, non come tema “ideologico” (come ormai da diversi anni si usa dire), ma come tema scientifico, attraverso un’accurata revisione delle più recenti ricerche e studi di valutazione.
Non sfugga l’originalità, finanche l’audacia dell’approccio: non solo perché il dibattito politico-mediatico si concentra unicamente sulla nocività della sostanza (in particolare sul rapporto con la malattia mentale), trascurando i malanni delle politiche; ma anche perché il “pugno duro” gode ancora di una certa popolarità presso l’opinione pubblica – riconosce onestamente il rapporto. Siamo ad uno stallo: ai radicali cambiamenti nei mercati e nei consumi dai tempi in cui il sistema di proibizione fu varato, non corrisponde alcuna innovazione politica, almeno a livello globale.
A Vienna, nel marzo 2009, i capi di governo di tutto il mondo si riuniranno per la valutazione decennale della strategia antidroga lanciata all’assemblea generale dell’Onu del 1998. Si può perdere questa occasione per rilanciare la riforma delle politiche sulla canapa? Per la Beckley Foundation non si può e il rapporto vuole essere un sasso nello stagno di Vienna.
Vediamo più da vicino in che cosa consiste lo “stallo”. In primo luogo, persiste, in certi casi si accentua, il divario fra scienza e politica. Un caso emblematico è la vicenda della classificazione del dronabinolo (il Thc sintetico): in parole povere, il principio attivo della canapa. Come si sa, le sostanze vietate dalle convenzioni internazionali hanno in genere un uso medico, dunque sono inserite nelle tabelle a seconda del loro valore terapeutico. Poiché la questione riguarda il campo sanitario, la competenza tecnica circa l’inserimento o lo spostamento delle sostanze nelle tabelle è in capo alla Oms, mentre alla Cnd (Commission on Narcotic Drugs), l’organismo politico cui partecipano gli stati membri, spetta la ratifica formale. Nel 2002, la Oms raccomandò lo spostamento del dronabinolo dalla tabella II alla IV, ossia alla tabella meno restrittiva, in seguito ad una attenta rivalutazione del valore medico della canapa. Ma il direttore dell’agenzia Onu sulle droghe persuase la dirigenza dell’Oms a non inoltrare la raccomandazione alla Cnd per «non mandare il messaggio sbagliato». La Oms ripiegò sulla strategia dei piccoli passi e nel 2006 chiese di riclassificare il dronabinolo nella tabella III. Alla Cnd del 2007, chiamata a prendere la decisione finale, lo Incb (International Narcotics Control Board) attaccò la raccomandazione. Lo Incb è l’organismo deputato a sorvegliare l’applicazione delle convenzioni internazionali e non ha alcun compito né competenza scientifica in merito agli usi medici delle sostanze psicoattive: ciononostante, la Cnd rinviò il parere alla Oms perché lo rivedesse «in accordo con lo Incb».
Ancora più clamorosa è la decisione del governo britannico di riclassificare la canapa contro il parere dell’organismo di consulenza scientifico del governo stesso, lo Acmd (Advisory Council on the Misuse of drugs). Nel 2004, dietro indicazione del suo organo tecnico, il Regno Unito aveva spostato la canapa nella tabella C (alleggerendo così l’impatto penale sui consumatori). Da allora, il governo si è rivolto per ben due volte allo Acmd, spaventato dalla campagna allarmistica sulla canapa come causa di schizofrenia. E per ben due volte, lo Acmd ha riesaminato le più recenti evidenze, riconfermando la giustezza della classificazione della canapa come sostanza a minor rischio, fra quelle legali e illegali. L’ultimo documento dello Acmd risale all’aprile del 2008, ma poco tempo dopo Gordon Brown ha deciso di procedere lo stesso allo spostamento in classe B, col risultato di un sostanziale innalzamento delle pene.
Sfogliando il ponderoso rapporto, accanto ad argomenti noti quali la valutazione dei rischi farmacologici, troviamo spunti inediti. La canapa ha un impatto modesto sulla salute pubblica: un recente studio australiano ha cercato di comparare il peso negativo della canapa in confronto ad altre sostanze, attribuendole il punteggio più basso (0,2%) rispetto al 2,3% per l’alcol e al 7,8% per il tabacco. Il mercato della canapa ha caratteristiche diverse da quello di eroina e cocaina perché la sua produzione non è concentrata in zone ristrette bensì diffusa in 134 paesi, fra cui molti dei paesi occidentali dove si consuma. È diffusa anche l’auto-coltivazione. In larga parte la sostanza circola attraverso le reti amicali: una ricerca americana del 2006 mostra che la maggioranza dei consumatori acquista la canapa da amici (l’89%) o la ottiene da loro gratuitamente (59%). Ciò riconferma che la canapa è ormai ritualizzata come droga ricreazionale in occasioni sociali, in maniera sempre più simile all’alcol.
A questo quadro di “normalizzazione” sociale, fa da contraltare una sproporzionata pressione repressiva. In tutto il mondo si arresta di più per la canapa che per le altre sostanze, unanimemente considerate più pericolose: ad esempio, in Australia nel periodo 1995-2000, gli arresti per canapa costituivano i tre quarti del totale degli arresti per droga; in Germania, nel 2005, sono stati il 60% del totale, mentre gli arresti per il solo consumo di canapa assommavano al 45% del totale. Non solo: la pressione poliziesca è aumentata dagli anni ’90 in poi, sia nei paesi del “proibizionismo totale”, come gli Usa, sia (sorprendentemente) in quelli che hanno cercato vie più “morbide” per l’uso personale (eliminando il carcere e ricorrendo a multe o altre sanzioni amministrative). Anzi, sembra proprio che ci sia un comportamento delle forze dell’ordine atto a “controbilanciare” l’alleggerimento penale: è il fenomeno del net widening (“allargamento delle reti”) per catturare un maggior numero di consumatori.
Il quesito chiave per superare l’impasse riguarda il ruolo che la repressione gioca rispetto al contenimento dei consumi: gli arresti servono a scoraggiare i consumatori? Abbiamo evidenze che la punizione sia più efficace a ridurre i consumi di un sistema di depenalizzazione o decriminalizzazione dell’uso personale? Sembrerebbe di no anche se sono pochi gli studi condotti sinora in questo campo. Nel 2004, fu pubblicata una ricerca condotta dai sociologi Reinermann e Cohen su due campioni paragonabili di consumatori di Amsterdam e San Francisco, in due paesi dalle politiche opposte. I modelli di consumo risultavano largamente simili, suggerendo la limitata rilevanza delle politiche penali nel modulare i consumi ?(cfr. Fuoriluogo, settembre 2004).
Interessante anche l’analisi sulle misure di “proibizionismo parziale”, con la sostituzione di sanzioni civili al posto di quelle penali. Se si evita il danno del carcere, rimane pressoché intatto lo stigma del drogato, con i problemi sul lavoro e in famiglia in cui il consumatore può incorrere. Senza contare che la depenalizzazione dell’uso da sola non influisce sulla deregulation dei mercati illegali, dunque rimane la preoccupazione per la salute dei consumatori. Basterà il responso della scienza a smuovere le acque com’è nell’auspicio della Beckley? «La repressione è un articolo di fede per la maggioranza dei politici», ha detto qualcuno alla presentazione del rapporto. Difficile ahinoi dargli torto.

grazie a http://www.fuoriluogo.it
fonti mediche e tecniche.. http://www.beckleyfoundation.org/policy/cannabis_commission.html

Sorpresa: l’Italia apre alla produzione di Canapa Terapeutica

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Nonostante lo scetticismo di partenza degli stessi proponenti, è passata al Senato la proposta per la produzione di farmaci cannabinoidi da parte dell’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, partendo dal materiale che potrebbe essere fornito dal Centro di Ricerca per le Colture Industriali di Rovigo. Leggi l’articolo di Paolo Crocchiolo.

Mercoledì 20 gennaio si è svolta, presso la sede nazionale del partito radicale, una conferenza stampa organizzata dalla sen. Donatella Poretti per illustrare iniziative e proposte in tema di libertà di cura e cannabis terapeutica, nonché sulle nuove norme in discussione al senato riguardanti la terapia del dolore.
Alla conferenza stampa hanno partecipato, oltre alla Sen. Poretti, il sen. Marco Perduca, il farmacologo Paolo Pesel, l’avvocato Angelo Averni, Claudia Sterzi segretaria dell’associazione radicale antiproibizionista, Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto, Marco Cappato, segretario dell’associazione Luca Coscioni e Paolo Crocchiolo in rappresentanza del Forum Droghe e dell’Associazione Cannabis Terapeutica.
La discussione, oltre alla terapia del dolore (prevalentemente ottenuta mediante l’uso di oppiacei), è stata focalizzata principalmente sull’impiego terapeutico dei cannabinoidi, non solo per contrastare il dolore, ma anche nelle varie sindromi in cui la ricerca ne ha ampiamente dimostrato l’efficacia. Al termine della conferenza, la sen Poretti ha avanzato l’idea di proporre in parlamento un emendamento che preveda la produzione di farmaci cannabinoidi da parte dell’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, partendo dal materiale che potrebbe essere fornito dal Centro di Ricerca per le Colture Industriali di Rovigo.
La proposta presenterebbe il duplice vantaggio di evitare l’inutile spreco consistente nell’annuale distruzione di tutta la cannabis prodotta da parte del Centro di Rovigo e al tempo stesso di permettere un considerevole risparmio per lo Stato Italiano, che eviterebbe in tal modo di dover importare dall’estero come avviene oggi i farmaci cannabinoidi per i molti pazienti che ne hanno diritto.
Gli stessi estensori della proposta si sono dichiarati scettici sull’accoglimento della stessa da parte di un parlamento profondamente ideologizzato e prevenuto nei confronti della cannabis, ivi inclusa la cannabis terapeutica. Nei giorni successivi invece, contrariamente alle aspettative dei relatori e degli stessi proponenti, è stato reso noto che il governo per bocca del viceministro Fazio sta considerando con favore e attenzione la proposta lanciata durante la conferenza stampa del 20 gennaio. La proposta si è dunque concretizzata in un Ordine del Giorno proposto dai senatori radicali Poretti e Perduca e fatto proprio dal Governo che, nonostante le precisazioni del Dipartimento antidroga, pone le basi per una produzione italiana di farmaci a base di cannabis.
Si tratta ora di intensificare l’azione di lobbying perché anche in Italia i fondamentali diritti ad una corretta e adeguata terapia del dolore, alla libertà di cura in generale ed in particolare alla libertà di cura con la cannabis siano finalmente riconosciuti e concretamente applicabili. (fonte: fuoriluogo.it)

seppuku

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Estrarre le proprie budella per mostrare la purezza della propria anima: il Seppuku dei Samurai era questo.
I social network mutano, si contaminano, si combattono.
Seppukoo.com è l’esempio di una comunicazione non convenzionale basata sui principi del viral marketing.

Quante persone, secondo voi, hanno disattivato o cancellato il proprio account su Facebook?
…ok, ma quante hanno trasformato questa scelta in un gesto memorabile?
I più si sono defilati, probabilmente stanchi dell’egocentrismo idioteggiante e del voyerismo ipocrita che dominano il social network più conosciuto del momento. Oppure a seguito di sedute psichiatriche o con un gruppo di ascolto: del tipo “ciao, sono Mauro e ho un problema con Facebook”.
Il Seppukoo va oltre: non dovete far altro che inserire i vostri dati e scegliere il template per la vostra lapide. Una volta composto il vostro epitaffio potrete invitare i vostri contatti che, plausibilmente sbigottiti, se non inquietati, potranno commentarlo. Alcuni si sentiranno traditi, come quando un vostro amico, il più alcolista, il più drogato, vi comunica che ha smesso, e vi fa sentire delle merde perchè voi siete già lì col campari nel bicchiere alle 4 del pomeriggio. Ma l’effetto è interessante: chi di voi non ha pensato, almeno una volta, di voler assistere al proprio funerale, solo per vedere le facce dei presenti?

Go seppukoo! Have a really cool radical chic experience.
Detto questo, c’è un che di concettuale che va oltre il puro desiderio di stupire. Il social network Seppukoo infetta Facebook come un virus, contagiandone gli utenti, e riesce ad essere più efficace di qualsiasi virus informatico in quanto si replica nelle persone, ha a che fare con i comportamenti, i simboli, le idee, non con il linguaggio binario delle macchine. Un software si può modificare, aggiustare. Ma se il bug è nell’uomo, nessun programmatore, per quanto talentuoso, potrà mai intervenire. In teoria perchè, beh, in pratica tutta questa storia somiglia più a un giochetto col gusto della provocazione.
…pensate di aver visto tutto, di sapere tutto di me, ora che siamo “amici” su Facebook?
e allora ho deciso di farvi vedere le mie budella, per mostrarvi la purezza della mia anima!
Ovviamente, i furbacchioni che hanno creato seppukoo.com la sanno lunga: i contatti cui spedirete il link alla vostra tomba virtuale saranno incuriositi e molti metteranno il naso nella home page del loro servizio. C’è addirittura una classifica: più persone convincerete a suicidarsi, più salirà il vostro punteggio (questo mi ricorda le x di Berna B. in Bumba Atomika). Aggiungo infine che l’account su Facebook non verrà affatto cancellato, ma solo disattivato fino al vostro successivo log in.
Congratulations. By committing seppukoo you finally reached the light at end of the tunnel of your virtual life. You ceased to be someone in order to finally become anyone. We hope this is just your first step for the definitive liberation of your body from any identity constriction.
Queste le ambiziose speranze con le quali la vostra anima verrà accolta nel limbo dei “non facebookiani”..
Tutto questo, con le dovute differenze, mi riporta alla mente il suicidio rituale di Luther Blissett e la chiusura del L.B. Project, 10 anni fa: una scelta fatta per liberare l’individuo, o meglio il condividuo, non per ucciderlo.
Rimane solo da chiedersi: ok, la cosa è ben fatta, ma… cui prodest?

SHIT HAPPENS (audax fortuna juvat) « PIERCE'S

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SHIT HAPPENS (audax fortuna juvat) « PIERCE'S
Il racconto di pierce nella gara dei racconti!!!! nonche quello che ha vinto la prima gara...